giovedì 1 marzo 2012

Scuola di Magistratura, le ragioni di un fallimento.

Viaggia su almeno tre binari, non sempre paralleli, la questione della scuola di magistratura ormai sottratta definitivamente alla città di Catanzaro. Il primo è sicuramente percorso dalla politica, di qualsiasi colore, vero artefice di questa bagarre all’ultimo scippo; il secondo è marcato dalle guerre giudiziarie e amministrative che i rispettivi enti territoriali si sono rispettivamente dichiarate; il terzo viaggia su di un binario morto, quelle delle coincidenze che pur avendo l’obbligo di riportare non conducono purtroppo a nulla. Prima di iniziare con la ricostruzione dei fatti, però, sento il dovere morale di informare chi legge che attualmente svolgo pratica forense proprio presso l'ufficio legale della Provincia di Catanzaro, ma ciò non influisce in alcun modo sulla mia autonomia. La vicenda della scuola di Magistratura nasce dalla scellerata decisione di Clemente Mastella (ministro di Grazia e Giustizia del governo Prodi nel 2006) di trasferirne la sede individuata da Catanzaro a Benevento, adducendo motivazioni (poco) plausibili che in realtà rientravano esclusivamente nelle logiche clientelari a vantaggio della propria terra natìa. Intenti che lo stesso Mastella confermava nel corso del tempo ogni volta che faceva ritorno nella sua amata Benevento, ricevendo gli osanna da parte di tutti i suoi conterranei. Catanzaro non sta a guardare e pur essendo guidata al tempo da una giunta comunale di centrosinistra (lo stesso schieramento a cui apparteneva Mastella) decide di rivolgersi al Tar per impedire lo scippo insieme ai ricorsi della Provincia (centrodestra) e della Regione Calabria (guidata da Loiero anch’egli della coalizione di centrosinistra). Il Tribunale Amministrativo del Lazio, dopo tre anni di dure battaglia giuridiche, dà ragione al ricorso proposto dai legali della Provincia di Catanzaro, estromettendo dal giudizio i ricorsi proposti dal Comune di Catanzaro e dalla Regione Calabria.  Era il 2009. La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva, ciò significa che Catanzaro poteva effettuare sin da subito gli incombenti necessari per aprire la tanto agognata scuola. Intanto, nel corso dei tre anni suddetti, il governo cambiava colore politico ed in luogo dell’uomo di Ceppaloni, viene nominato Angelino Alfano come ministro di Giustizia. Nonostante le rassicurazioni dell’odierno segretario nazionale del Pdl, e nonostante la sentenza del Tar del 2009 che individuava in Catanzaro la sede legittima della scuola, nulla veniva posto in essere da chi di competenza. Anzi, si perveniva ad un accordo (quasi) sottobanco che individuava Benevento quale sede operativa della scuola di magistratura e Catanzaro come sede amministrativa. Nella città del Sannio, dunque, sarebbero andati i magistrati partecipanti ai corsi portandosi dietro il loro appetibile indotto, mentre all’ombra dei tre colli sarebbe giunto al massimo qualche funzionario amministrativo per dirigere l’ufficio. Intanto la battaglia giudiziaria proseguiva davanti al Consiglio di Stato, con la Provincia di Benevento che impugna la sentenza di primo grado chiedendone il suo integrale rigetto, ma non proponendo la sospensione dell’esecutività della decisione emanata dal Tar. Mi fermo un attimo per chiarire quest’ultimo passaggio. Ammettiamo di soccombere davanti ad una sentenza di primo grado che mi impone di pagare una determinata cifra. Io, che ritengo quella sentenza fortemente ingiusta, non solo la impugno  ma chiedo al  giudice di secondo grado di sospendere l’efficacia esecutiva della pronuncia di primo grado, altrimenti sono costretto a pagare immediatamente quella somma. In questo caso la Provincia di Benevento non solo non chiede la sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado, ma dimostra anche un certo disinteresse verso il giudizio davanti al Consiglio di Stato che procede a rilento. Intanto al Ministero di Grazia e Giustizia veniva effettuato l’ennesimo cambio di poltrona con Alfano che lascia il posto a Francesco Nitto Palma, sempre del Pdl. Veniamo ora ai giorni nostri, ossia alla sentenza del Consiglio di Stato che capovolge la pronuncia del Tar senza entrare neanche nel merito della questione giuridica. Le motivazioni della Corte, infatti, si basano esclusivamente su un vizio di forma che i legali della Provincia di Catanzaro avrebbero commesso nell’instaurare il giudizio davanti al Tar omettendo di notificare alla Provincia di Benevento l’atto introduttivo. Ma basta leggere la sentenza del Tar Lazio per capire che quel vizio non solo non era in alcun modo evitabile, bensì era stato perfettamente sanato dai legali calabresi già nel corso dell’udienza. Sia la Provincia di Catanzaro, infatti, che il Comune e la Regione Calabria quando presentarono il ricorso per impugnare il decreto Mastella, lo fecero senza avere conoscenza del decreto stesso, ma basandosi sulle finalità di quest’ultimo che individuava la città di Benevento come nuova sede della Scuola. Tale decreto, infatti, non era consultabile né nella Gazzetta Ufficiale né sul sito del ministero e fu svelato in udienza dall’Avvocatura dello Stato che intanto aveva preso le difese del Ministero stesso. Tutte cose appurate dal Tribunale Amministrativo del Lazio che nella  sua sentenza riconosce tali avvenimenti. Non appena ebbero contezza del contenuto del decreto (che parlava di spostamento della sede alla << provincia>> di Benevento) tutti i legali intervenuti a difesa di Catanzaro notificarono immeditamente il ricorso anche alla Provincia di Benevento chiamandola quale parte in causa davanti al Tar. Tali comportamenti, però, non hanno accontentato il Consiglio di Stato che nel suo provvedimento ha in pratica sostenuto che la Provincia di Catanzaro avrebbe dovuto notificare prima l’atto introduttivo del giudizio nei confronti della Provincia di Benevento e che per questo la sentenza del Tar era da annullare. Pur non condividendo l’orientamento del Consiglio di Stato va detto chiaramente che le sentenze si rispettano fino in fondo e che in base a quest’ultima pronuncia Catanzaro perde definitivamente ogni speranza di vedere la scuola di Magistratura. Ma la lezione da trarre in questo caso esula i tribunali e le battaglie giuridiche. Un provvedimento, infatti, per quanto illegittimamente adottato dal Ministero può essere impugnato e cassato presso qualsiasi corte, ma ciò non toglie che lo stesso provvedimento possa essere presentato nuovamente dallo stesso Ministero, sanando magari quei vizi che lo vedevano soccombere davanti ai giudici. Tale statuizione vale anche per la scuola di Magistratura che ora vede prevalere Benevento, ma non tiene conto dell’odierna volontà della politica di voler istituire una sola sede (e non tre com’era previsto con buona pace per i sanniti. Lo stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha auspicato tale ipotesi, giustificata dal momento di crisi per l’Italia che le impone di tagliare le spese e quindi di individuare un’unica sede, che potrebbe essere quella di Bergamo. Che facciamo? Un’ennesima ed inutile guerra giudiziaria per poi dover abdicare ancora una volta alla diversa scelta effettuata da un nuovo ministro? Una cosa è certa. La vera sconfitta in questa vicenda è l’intera classe politica regionale, dai parlamentari ai presidenti regionali, provinciali sino anche all’ultimo consigliere comunale, di qualsiasi colore politico, che hanno dimostrato ancora una volta di non aver alcun peso specifico nelle stanze dei bottoni, non riuscendo a difendere nemmeno ciò che ci spettava di diritto e facendo prevalere le ragioni di partito agli interessi collettivi della Calabria. Perché non è stata data esecuzione alla sentenza di primo grado del 2009? Perché quando scese Alfano a Catanzaro a spiegarci della ridicola spartizione della scuola non sollevarono gli scudi gli stessi esponenti del suo schieramento? Le lettere di protesta inviate precedentemente dalla Presidente della Provincia, Wanda Ferro, così come ora quelle proposte da Scalzo, mi sembrano i classici rimedi per pulirsi la coscienza, non certo per risolvere concretamente il problema.
Ps: Quasi dimenticavo il binario morto di cui vi parlavo all’inizio del post, quello delle coincidenze. Ai più è sfuggito un piccolo dettaglio che mi appresto a riportare. Nella sentenza del Consiglio di Stato si legge testualmente che “sul ricorso in appello n. 6706 del 2009, proposto dalla Provincia di Benevento (...) rappresentata e difesa dall’avv. Vincenzo Catalano, ed elettivamente domiciliata, unitamente al difensore, presso lo studio Palma in Roma, via....Studio Palma? Che strano, proprio lo stesso cognome dell’ex ministro Francesco Nitto Palma, anch’egli romano. Che siano parenti? Coincidenze come dicevamo. Così come per puro caso ritroviamo, oggi, Francesco Nitto Palma  come coordinatore Pdl della Regione Campania. Vuoi vedere che magari alle prossime elezioni politiche il nostro si candiderà proprio nel collegio di Benevento?

Nessun commento:

Posta un commento